La presenza delle donne nella pubblica amministrazione.

Le amministrazioni pubbliche sono, dal punto di vista dell’allocazione lavorativa delle donne, un ottimo fronte di osservazione. Costituiscono il luogo per eccellenza dove le donne a partire degli anni ’70, si inseriscono e incominciano a lavorare.

In Italia, nel momento in cui le donne entrano a livello significativo nella sfera lavorativa, si rompe quel modello di genere “casalinga donna” e “marito sostenitore della famiglia”. Questa rottura, dal punto di vista della pubblica amministrazione, attribuisce alla donna quella dimensione di cittadino lavoratore; le donne entrano nel mondo del lavoro - e in particolare della p. a. - senza che la società si sia attrezzata per far fronte a questa circostanza (come ad esempio la conciliazione). Le donne si trovano a dover gestire due mondi (la sfera della vita privata, con la cura della propria famiglia e tutto quello che ruota attorno a questa,e la sfera pubblica con la gestione dell’attività lavorativa), pagando però i costi per questa doppia appartenenza.

Ai vertici della pubblica amministrazione le donne sono in netta minoranza, inoltre, i sistemi di valutazione sono penalizzanti poiché, in Italia, sono fondati sulla variabile della presenza sul posto di lavoro ed è evidente che le donne sono meno presenti. Il problema sta nel rivedere tutto il sistema, non si tratta di modificare solo alcuni dispositivi normativi, ma evidentemente non si riesce a incidere un determinato strato sociale; sicuramente è un problema di natura culturale. Ma perché le donne sono spesso indirizzate verso la pubblica amministrazione? Le donne introducono un nuovo modo di lavorare che però la società non è pronta a cogliere,preventivamente si trovano caricate di un modello sociale che impone la gestione della famiglia a discapito dell'ambito lavorativo. Conciliare le varie esigenze è la risposta a questo schema e la pubblica amministrazione è maggiormente predisposta ad assecondare queste necessità.